Ricorso  della  Regione  Puglia,  in   persona   del   presidente
pro-tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta Regionale  n.
1893 del 9 settembre 2011, rappresentata e difesa,  come  da  procura
speciale  a  margine  del  presente  atto,  dal  prof.  avv.   Nicola
Colaianni, elettivamente domiciliata in Roma  presso  la  Delegazione
Regione Puglia - via Barberini, 36 contro il Presidente del Consiglio
dei Ministri  pro-tempore,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma,
alla via dei Portoghesi n. 12, per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale dell'art. 19, commi quarto e quinto, del decreto-legge
6 luglio 2011, n. 98, convertito, in legge 15 luglio  2011,  n.  111,
per violazione dell'art. 117, comma terzo della Costituzione. 
    Nella Gazzetta Ufficiale n. 164  del  16  luglio  2011  e'  stata
pubblicata  la  legge   n.   111/2011,   che   ha   convertito,   con
modificazioni,  il  decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98,  recante
disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria. 
    L'art. 19, commi quarto e quinto, di tale legge dispone: 
        4.  Per  garantire  un  processo  di  continuita'   didattica
nell'ambito dello stesso ciclo di istruzione, a  decorrere  dall'anno
scolastico 2011-2012 la scuola dell'infanzia, la scuola primaria e la
scuola  secondaria  di  primo  grado  sono  aggregate   in   istituti
comprensivi,  con  la  conseguente  soppressione  delle   istituzioni
scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche
e  scuole  secondarie  di  I  grado;  gli  istituti  comprensivi  per
acquisire l'autonomia  devono  essere  costituiti  con  almeno  1.000
alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site  nelle  piccole  isole,
nei  comuni  montani,  nelle  aree  geografiche   caratterizzate   da
specificita' linguistiche. 
        5. Alle istituzioni scolastiche autonome  costituite  con  un
numero di alunni inferiore a 500 unita', ridotto fino a  300  per  le
istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle  aree
geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche, non  possono
essere  assegnati  dirigenti  scolastici   con   incarico   a   tempo
indeterminato. Le stesse  sono  conferite  in  reggenza  a  dirigenti
scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome. 
    Tali  disposizioni,  in   quanto   stabiliscono   nel   dettaglio
l'aggregazione di scuole in istituti comprensivi e la  soglia  minima
di alunni per l'assegnazione di dirigenti a tempo indeterminato, sono
immediatamente (la loro decorrenza coincidendo con l'anno  scolastico
appena iniziato) lesive della  competenza  regionale  in  materia  di
offerta formativa e di programmazione della rete scolastica, delegata
alle  Regioni  gia'  prima  della  novella  costituzionale  del  2011
dall'art. 138 del d.lgs. n. 112/1998 («sono delegate alle regioni  le
seguenti funzioni amministrative: a) la  programmazione  dell'offerta
formativa integrata tra istruzione e formazione professionale; b)  la
programmazione, sul piano regionale, nei limiti delle  disponibilita'
di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica, sulla base dei
piani provinciali, assicurando il coordinamento con la programmazione
di cui alla lettera a»). 
    Nella  revisione  costituzionale   dell'art.   117   la   materia
dell'istruzione (salva l'autonomia delle  istituzioni  scolastiche  e
con esclusione  dell'istruzione  e  formazione  professionale)  forma
oggetto di potesta' concorrente (art. 117 terzo comma Cost.),  mentre
allo Stato e' riservata soltanto la potesta' legislativa esclusiva in
materia di norme generali sull'istruzione  (art.  117  secondo  comma
lettera n). Ma nessun dubbio puo'  esservi  sulla  persistenza  della
competenza  suindicata   in   capo   alle   Regioni   perche',   come
perspicuamente ribadito da codesta Corte nella sentenza  n.  200  del
2009, «Nel complesso intrecciarsi in  una  stessa  materia  di  norme
generali, principi fondamentali,  leggi  regionali  e  determinazioni
autonome delle istituzioni scolastiche, si puo'  assumere  per  certo
che il prescritto ambito di legislazione regionale sta proprio  nella
programmazione della rete scolastica. E' infatti implausibile che  il
legislatore costituzionale abbia voluto spogliare le regioni  di  una
funzione che era gia' ad esse conferita nella forma della  competenza
delegata dell'art. 138 del decreto legislativo n. 112 del 1998... Una
volta attribuita l'istruzione alla competenza concorrente, il riparto
imposto  dall'art.  117  postula  che,  in  tema  di   programmazione
scolastica  e  di  gestione  amministrativa  del  relativo  servizio,
compito dello Stato sia solo quello di fissare principi». 
    Se,  «proprio  alla  luce  del  fatto  che  gia'   la   normativa
antecedente  alla  riforma  del  Titolo  V  prevedeva  la  competenza
regionale   in   materia   di   dimensionamento   delle   istituzioni
scolastiche, e quindi postulava la  competenza  sulla  programmazione
scolastica di cui all'art. 138 del d.lgs. n.  112  del  1998,  e'  da
escludersi che il legislatore costituzionale del  2001  abbia  voluto
spogliare le Regioni di una funzione che era gia' ad esse  conferita»
(sentenza n. 34/2005 che richiama la precedente e  conforme  sentenza
n. 13 del 2004; cfr. anche  la  n.  423/2004),  e'  indiscutibile  la
competenza regionale, ex art. 117 terzo comma Cost., in relazione  ai
profili  organizzativi  del   servizio   scolastico   e   in   ordine
all'articolazione della rete scolastica. 
    Le norme in oggetto non possono infatti essere  inquadrate  nelle
norme generali sull'istruzione, di cui alla lettera  n)  del  secondo
comma dell'art. 117  Cost.,  cioe'  in  quelle  norme  «sorrette,  in
relazione  al  loro  contenuto,  da  esigenze   unitarie   e   quindi
applicabili  indistintamente  al  di  la'  dell'ambito   propriamente
regionale» (Corte cost. n. 279/2005):  quali  «le  indicazioni  delle
finalita'» della scuola, le  «condizioni  minime  di  uniformita'  in
materia scolastica» o quegli essenziali interventi volti a  garantire
l'uguaglianza  sostanziale  nell'accesso  e  nella  fruizione   della
cultura, tali  da  doversi  applicare  indistintamente  su  tutto  il
territorio nazionale (come, ad esempio, la tipologia e la durata  dei
corsi di istruzione, le modalita' di passaggio tra i  diversi  ordini
di scuola, la valutazione degli apprendimenti, il riconoscimento  dei
titoli di studio, i  criteri  di  selezione  e  di  reclutamento  del
personale). 
    Le norme in oggetto riguardano,  invece,  direttamente  l'assetto
organizzativo del sistema scolastico, per cui le Regioni vengono,  di
fatto,   private    del    ruolo    primario    nell'istituzione    e
nell'organizzazione  delle   scuole,   che   rappresenta   senz'altro
l'aspetto  piu'  rilevante   nell'ambito   della   programmazione   e
dell'organizzazione della rete scolastica. 
    L'attuazione di una cosi' radicale  riforma  incide  sull'offerta
formativa, sulla programmazione  e  sul  dimensionamento  della  rete
scolastica. Con risultati verosimilmente peggiorativi in quanto  puo'
agevolmente rilevarsi che, fermo restando il rispetto degli  standard
minimi, la rete scolastica e il dimensionamento degli  istituti  sono
piu' efficacemente organizzati se tengono conto delle diverse realta'
territoriali,   realta'   che   meglio    sono    conosciute    dalle
Amministrazioni  regionali:  delle  quali,  invece,  le  disposizioni
contestate neppure prevedono un adeguato coinvolgimento. 
    Peraltro, non  possono  ritenersi  giustificate  le  disposizioni
contestate con il richiamo ai livelli essenziali  delle  prestazioni,
di cui all'art. 117 secondo comma lettera m) Cost., perche' esse  non
fissano  standards   minimi   cui   le   Regioni   devono   attenersi
nell'esercizio delle loro funzioni organizzatorie, ma, come rilevato,
allocano  in  capo  allo   Stato   le   funzioni   finalizzate   alla
riorganizzazione della rete scolastica  e  al  nuovo  dimensionamento
degli istituti. Un conto e' la determinazione dei livelli essenziali,
nel rispetto dei quali le Regioni ben potranno determinare  standards
qualitativi dei servizi superiori rispetto ai minimi, un altro e'  la
minuziosa regolamentazione  dell'esercizio  della  concreta  potesta'
amministrativa. 
    Si  aggiunga  che  la  decorrenza  delle  disposizioni   invasive
coincide con l'anno  scolastico  2011-2012,  senza  dare  cosi'  alle
Regioni il  tempo  per  adeguare  e  modificare  la  propria  offerta
formativa al nuovo sistema e vanificando  la  programmazione  annuale
della rete scolastica regionale per l'anno  2011/2012  che,  come  le
altre Regioni, la Regione Puglia ha gia' deliberato fin dal  dicembre
2010 (DGR n. 2954 del 28 dicembre 2010, integrata dalla DGR n. 98 del
26 gennaio 2011). 
    Le disposizioni, per i  profili  qui  in  rilievo,  rappresentano
pertanto un inammissibile passo indietro  rispetto  alle  prerogative
riconosciute alle Regioni, cio'  che  rende  evidente  la  violazione
delle attribuzioni regionali di cui all'art. 117 Cost. in materia  di
istruzione.